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Caravaggio | The Supper at Emmaus, 1601

Full title: The Supper at Emmaus
Date made: 1601
Medium and support: Oil and tempera on canvas
Dimensions: 141 x 196.2 cm
Location: National Gallery, London
Acquisition credit: Presented by the Hon. George Vernon, 1839
Inventory number: NG172
Location in Gallery: Room 32



Two of Jesus' disciples were walking to Emmaus after the Crucifixion when the resurrected Jesus himself drew near and went with them, but they did not recognise him.
 At supper that evening in Emmaus
 '... he took bread, and blessed it, and brake and gave to them. And their eyes were opened, and they knew him; and he vanished out of their sight' (Luke 24: 30-31).
Christ is shown at the moment of blessing the bread and revealing his true identity to the two disciples.


Caravaggio's innovative treatment of the subject makes this one of his most powerful works. The depiction of Christ is unusual in that he is beardless and great emphasis is given to the still life on the table.
The intensity of the emotions of Christ's disciples is conveyed by their gestures and expression. The viewer too is made to feel a participant in the event.
The picture was commissioned by the Roman nobleman Ciriaco Mattei in 1601.
Caravaggio painted a second⏭ more subdued version of the Supper at Emmaus about five years after the Gallery's work. | © National Gallery, London

Caravaggio | Supper at Emmaus, 1606 - Brera, Milan


La Cena in Emmaus è un dipinto ad olio su tela (139×195 cm) di Caravaggio⏩, databile al 1601-1602 e conservato nella National Gallery di Londra.
La cena in Emmaus di Londra è contemporanea al San Giovanni Battista, ed è stata riconosciuta come quella commissionata da Ciriaco Mattei nel 1601 e pagata 150 scudi il 7 gennaio 1602.

Dal momento che nell'Inventario dei beni Mattei del figlio erede di Ciriaco, Giovanni Battista (1616), Maurizio Marini ipotizza che il dipinto fu ceduto al cardinale Scipione Borghese dopo il 1605, anno in cui Scipione giunge a Roma nominato cardinale dallo zio papa Paolo V, nell'Inventario Borghese del 1693 la Cena in Emmaus del Caravaggio è presente con una cornice intagliata e dorata.
Nel 1801 il marchese Camillo Borghese, marito di Paolina Bonaparte, vendette il dipinto ad un antiquario di Parigi, monsieur Durand; in seguito entrò a far parte della raccolta di lord Georges Venon che lo donò alla National Gallery di Londra nel 1839. Nel 1606 Caravaggio dipinse una seconda versione del tema, oggi alla Pinacoteca di Brera, dal tono molto più sommesso.
Descrizione e stile
Il dipinto rappresenta il culmine dell'azione dell'episodio descritto nel Vangelo di Luca (24:13-32): due discepoli di Cristo, Cleofa a sinistra e l'altro a destra, forse Giacomo Maggiore, riconoscono Cristo risorto, che si era presentato loro come un viandante e che lo avevano invitato a cena, nel momento in cui compie il gesto della benedizione del pane e del vino, alludendo così al sacramento dell'eucaristia, la cui celebrazione periodica, prefigurata nella cena di Emmaus, viene rievocata nel dipinto.
A tal proposito Hibbard ricorda come all'epoca del pittore esisteva un testo molto consultato, le Evangelicae historiae imagines del 1593, di Hyeronimus Nadal, in cui era scritto che l'episodio della cena in Emmaus fu prefigurazione del sacrificio celebrato dal sacerdote durante la messa.

Cristo è rappresentato con le fattezze del Buon Pastore, immagine frequente nell'arte paleocristiana, un giovane imberbe dall'aspetto androgino, che simboleggia la promessa di vita eterna, la rinascita e l'armonia, intesa come unione di contrari. È anche probabile che l'artista abbia voluto ritrarre un Cristo all'apparenza non riconoscibile dallo spettatore immediatamente tramite le fattezze, ma piuttosto guardandone i gesti e lo svolgersi dell'avvenimento.

I due discepoli mostrano stupore, Cleofa si alza dalla sedia e mostra in primo piano il gomito piegato; l'altro vestito da pellegrino con la conchiglia sul petto, allarga le braccia con un gesto che mima simbolicamente la croce, e misura in tralice lo spazio a disposizione, oltre ad unire la zona in ombra con quella dove cade la luce; la sua mano destra è troppo grande, ma serve per dirigere l'occhio dello spettatore verso Cristo. Anche il braccio di Cristo, proteso in avanti, dipinto di scorcio, dà l'impressione di profondità spaziale.

Il quarto personaggio, l'oste, mostra uno stupore senza consapevolezza, non coglie il significato dell'episodio cui sta assistendo; il discepolo posto di spalle, infine, funge da espediente per coinvolgere più direttamente lo spettatore nella scena, il quale è come invitato simbolicamente a prendere il posto libero lasciato al tavolo, davanti a Gesù. 
L'orchestrazione del colore e della luce induce strategicamente lo spettatore a spostarsi su tutti i punti salienti della tela; il predominare del rosso, del bianco e del verde potrebbe alludere alle tre virtù teologali: Fede, Speranza e Carità.

L'attenzione alla rifrazione della luce proprio nella Cena in Emmaus raggiunge il suo culmine, il punto d'arrivo di precedenti sperimentazioni, dai primi dipinti giovanili, sino a questo: scrive Ferdinando Bologna che la parte sinistra della tavola mostra una bottiglia ed un bicchiere di vino bianco
"attraversati dalla luce, e riverberati nella parte inferiore dalla polla luminosa con cui quella luce interrompe l'ombra proiettata sulla tovaglia dai due recipienti". 
Gli studi sull'uso della luce che scopre o crea immagini era sviluppato in area nordica, Caravaggio aveva portato questo aspetto dalla scala miniaturistica, presente nella pittura fiamminga e olandese del XV secolo, alla scala umana, attraverso l'ingrandimento della pittura rinascimentale, nella piena verità dell'immagine. Svetlana Alpers, nell'opera Arte del descrivere, a proposito di Caravaggio afferma che artisti come Honthorst e Terbrugghen sono considerati seguaci del fare pittorico del Merisi, ma che esso a sua volta era profondamente attratto dalla tradizione pittorica del nord per cui "si potrebbe sostenere che il Caravaggio non fece altro che ricondurli alle proprie radici"..
Radici che il Merisi aveva assimilato dando modo di privilegiare l'osservazione ottica della cosa da dipingere in tutta la sua verità ed i suoi effetti naturali. | © Wikipedia