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Michelangelo Buonarroti | La volta della Cappella Sistina

"Senza aver visto la Cappella Sistina non è possibile formare un'idea completa di ciò che un uomo è capace di raggiungere" - Johann Wolfgang von Goethe


I rapporti con Giulio II rimasero comunque sempre tempestosi, per il forte temperamento che li accomunava, irascibile e orgoglioso, ma anche estremamente ambizioso.
A marzo del 1508 l'artista si sentiva sciolto dagli obblighi col pontefice, prendendo in affitto una casa a Firenze e dedicandosi ai progetti sospesi, in particolare quello degli Apostoli per la cattedrale.
Nell'aprile Pier Soderini gli manifestò la volontà di affidargli una scultura di Ercole e Caco.
Il 10 maggio però una breve papale lo raggiunge ingiungendogli di presentarsi alla corte papale.


Subito Giulio II decise di occupare l'artista con una nuova, prestigiosa impresa, la ridecorazione della volta della Cappella Sistina.
A causa del processo di assestamento dei muri, si era infatti aperta, nel maggio del 1504, una crepa nel soffitto della cappella rendendola inutilizzabile per molti mesi; rinforzata con catene poste nel locale sovrastante da Bramante, la volta aveva bisogno però di essere ridipinta.
L'impresa si dimostrava di proporzioni colossali ed estremamente complessa, ma avrebbe dato a Michelangelo l'occasione di dimostrare la sua capacità di superare i limiti in un'arte quale la pittura, che tutto sommato non sentiva come sua e non gli era congeniale.

L'8 maggio di quell'anno l'incarico venne dunque accettato e formalizzato.
Come nel progetto della tomba, anche l'impresa della Sistina fu caratterizzata da intrighi ed invidie ai danni di Michelangelo, che sono documentati da una lettera del carpentiere e capomastro fiorentino Piero Rosselli spedita a Michelangelo il 10 maggio 1506.


In essa il Rosselli racconta di una cena servita nelle stanze vaticane qualche giorno prima, a cui aveva assistito.
Il papa in quell'occasione aveva confidato a Bramante l'intenzione di affidare a Michelangelo la ridipintura della volta, ma l'architetto urbinate aveva risposto sollevando dubbi sulle reali capacità del fiorentino, scarsamente esperto nell'affresco.

Insoddisfatto, l'artista ottenne di poter ampliare il programma iconografico, raccontando la storia dell'umanità "ante legem", cioè prima che Dio inviasse le Tavole della Legge: al posto degli Apostoli mise sette Profeti e cinque Sibille, assisi su troni fiancheggiati da pilastrini che sorreggono la cornice; quest'ultima delimita lo spazio centrale, diviso in nove scompartimenti attraverso la continuazione delle membrature architettoniche ai lati di troni; in questi scomparti sono raffigurati episodi tratti della Genesi, disposti in ordine cronologico partendo dalla parete dell'altare: Separazione della luce dalle tenebre, Creazione degli astri e delle piante, Separazione della terra dalle acque, Creazione di Adamo, Creazione di Eva, Peccato originale e cacciata dal Paradiso terrestre, Sacrificio di Noè, Diluvio universale, Ebbrezza di Noè; nei cinque scomparti che sormontano i troni lo spazio si restringe lasciando posto ad Ignudi che reggono ghirlande con foglie di quercia, allusione al casato del papa cioè Della Rovere, e medaglioni bronzei con scene tratte dall'Antico Testamento; nelle lunette e nelle vele vi sono le quaranta generazioni degli Antenati di Cristo, riprese dal Vangelo di Matteo; infine nei pennacchi angolari si trovano quattro scene bibliche, che si riferiscono ad altrettanti eventi miracolosi a favore del popolo eletto: Giuditta e Oloferne, Davide e Golia, Punizione di Aman e il Serpente di bronzo.
L'insieme è organizzato in un partito decorativo complesso, che rivela le sue indubbie capacità anche in campo architettonico, destinate a rivelarsi pienamente negli ultimi decenni della sua attività.


Il tema generale degli affreschi della volta è il mistero della Creazione di Dio, che raggiunge il culmine nella realizzazione dell'uomo a sua immagine e somiglianza.
Con l'incarnazione di Cristo, oltre a riscattare l'umanità dal peccato originale, si raggiunge il perfetto e ultimo compimento della creazione divina, innalzando l'uomo ancora di più verso Dio.

In questo senso appare più chiara la celebrazione che fa Michelangelo della bellezza del corpo umano nudo.
Inoltre la volta celebra la concordanza fra Antico e Nuovo Testamento, dove il primo prefigura il secondo, e la previsione della venuta di Cristo in ambito ebraico (con i profeti) e pagano (con le sibille).


Montato il ponteggio Michelangelo iniziò a dipingere le tre storie di Noè gremite di personaggi.
Il lavoro, di per sé massacrante, era aggravato dall'insoddisfazione di sé tipica dell'artista, dai ritardi nel pagamento dei compensi e dalle continue richieste di aiuto da parte dei familiari.

Nelle scene successive la rappresentazione divenne via via più essenziale e monumentale: il Peccato originale e cacciata dal Paradiso terrestre e la Creazione di Eva mostrano corpi più massicci e gesti semplici ma retorici; dopo un'interruzione dei lavori, e vista la volta dal basso nel suo complesso e senza i ponteggi, lo stile di Michelangelo cambiò, accentuando maggiormente la grandiosità e l'essenzialità delle immagini, fino a rendere la scena occupata da un'unica grandiosa figura annullando ogni riferimento al paesaggio circostante, come nella Separazione della luce dalle tenebre.


Nel complesso della volta queste variazioni stilistiche non si notano, anzi vista dal basso gli affreschi hanno un aspetto perfettamente unitario, dato anche dall'uso di un'unica, violenta cromia, recentemente riportata alla luce dal restauro concluso nel 1994.
In definitiva, la difficile sfida su un'impresa di dimensioni colossali e con una tecnica a lui non congeniale, con il diretto confronto coi grandi maestri fiorentini presso i quali si era formato (a partire da Ghirlandaio), poté dirsi pienamente riuscita oltre ogni aspettativa.
Lo straordinario affresco venne inaugurato la vigilia di Ognissanti del 1512.

Qualche mese dopo Giulio II moriva.