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Dino Buzzati | Un amore, 1963 | Capitolo II


La signora Ermelina stava al sesto piano di una grande casa nelle vicinanze di piazza Missori. L'ascensore era di quelli che la porta si apre automaticamente da sola ma alle volte si chiude inaspettatamente.
Una volta Dorigo ci era rimasto preso dentro, per un istante la paura di venir schiacciato come una noce, ma in realtà la pressione delle due valve non era eccessiva.
Sulla porta non c'era la targhetta col nome. Il grande corridoio pavimentato di marmo era deserto. Ma non si poteva sbagliare la porta appunto per la mancanza della targhetta, tutte le altre invece l'avevano.

C'era la vaga impazienza, se non l'emozione, di questi casi. Che ragazza sarebbe stata? Era la cosa più facile del mondo - Dorigo lo sapeva - demolire il costrutto di incontri del genere. Che gusto c'è ad avere una donna quando si sa che lei lo fa esclusivamente per soldi? Che soddisfazione poteva avere l'uomo, a parte quella esclusivamente fisica, così rapida e in fondo così discutibile? La vecchia obiezione.
Eppure la soddisfazione c'era. E grandissima. Quasi inverosimile anzi.
Non già per gli esercizi carnali, più o meno raffinati. Era tutto quello che li precedeva a rendere la cosa stupenda.
La signora Ermelina immediatamente aprì. Era emiliana, cordiale, bonaria, ancora una bella donna, di stampo familiare, senza niente di equivoco. A sentirla parlare si sarebbe detto che facesse la ruffiana solo per aiutare quelle povere ragazzine.
Lui non aveva fatto in tempo a entrare che lei gli sussurrava, con quell'aria di complicità:
"Vedrà che bambina, vedrà (abbassò ancora più la voce)... Mi raccomando sa, è minorenne... una ballerina, una ballerina della Scala".

E intanto lo introduceva nel salotto.
Che cosa meravigliosa la prostituzione, pensava Dorigo. Crudele, spietata, quante ne restavano distrutte. Però che meravigliosa. Si stentava a credere che possibilità del genere potessero esistere nel mondo d'oggi, così regolamentato e squallido. Il sogno realizzato, a un colpo di bacchetta magica, per ventimila lire.
Per ventimila lire, anche per meno spesso, avere subito, senza la minima difficolta e pericolo, delle figliole stupende che nella vita solita, fuori del gioco, sarebbero costate una quantità di tempo, di fatiche, di soldi e poi magari al momento buono capaci di bruciare il paglione. Mentre qui! Una telefonata. Un breve percorso in macchina, sei piani di ascensore, ed ecco già la ninfetta stava togliendosi il reggipetto, sorridendo.
C'era del male nel fare questo? Non mancavano a Dorigo gli scrupoli morali. Ma per quanto ci avesse pensato a lungo non era riuscito a trovare il punto debole. Se tutti facessero come me, sarebbe peggio o meglio? si chiedeva. E non vedeva il possibile danno.
Eppure, c'era dentro qualcosa di turpe. La prostituzione forse lo attraeva proprio per la sua crudele e vergognosa assurdità. La donna, forse a motivo dell'educazione familiare, gli era parsa sempre una creatura straniera, con una donna non era mai riuscito ad avere la confidenza che aveva con gli amici. La donna era sempre per lui la creatura di un altro mondo, vagamente superiore e indecifrabile.

All'idea che una giovanetta di diciott'anni, per guadagnare quindicimila lire, andasse in letto, senza preamboli di sorta, con un uomo mai visto né conosciuto, e si lasciasse godere l'intero corpo, partecipando anzi con slanci lussuriosi più o meno simulati, a questa idea Dorigo provava un moto di incredulità e di rivolta. Come se ci fosse dentro qualcosa di completamente sbagliato.
Da questo pensiero aspro e dolente, da questa incapacità di ammettere, nasceva però il desiderio. Una donna per bene, che fosse andata in letto con lui per amore disinteressato, gli sarebbe piaciuta infinitamente meno.
Sadismo forse? Il perverso compiacimento di vedere una cosa bella, giovane e pulita, assoggettarsi come schiava alle pratiche più sconce? L'assaporare lo spasimo dell'umiliazione corporale di cui la ragazza certamente non è consapevole, anzi lei quasi se la spassa e si diverte e ride ma nel fondo del suo animo qualcosa intanto si contorce e si ribella e vomita ma lei ride, fa i giochetti, arrovescia indietro la testa. gli occhi chiusi, la boccuccia anelante, come fosse in paradiso?
Ma soprattutto c'era forse in questo suo sentimento la traccia incancellabile dell'educazione avuta: cattolica, severamente avversa ai fatti sessuali. Per cui fra lui e le donne giovani c'era stata sempre una barriera, e le donne erano qualcosa di illecito e l'atto carnale una specie di mito. Di qui la sensazione che per una donna l'andare in letto con un uomo fosse un episodio importantissimo che coinvolgeva per così dire, sia pure per pochi minuti, l'intera sua vita. E il constatare poi che ciò non doveva essere vero, che migliaia di donne erano disposte a praticare, per un esiguo compenso, maschi sconosciuti, e l'averle lui stesso frequentate per decenni, non era servito a distruggere quell'idea. Ogni volta, quando la prostituta si spogliava nuda dinanzi a lui, gli pareva un fatto quasi inverosimile, stupendo, paragonabile a una fiaba.

Così, ogni volta che andava agli appuntamenti dalla ruffiana (e lo stesso gli accadeva una volta quando erano aperti i pubblici postriboli) non si sarebbe affatto meravigliato se gli avessero detto:
"Ma è pazzo, signore? cosa le salta in mente? Una ragazza a pagamento? Pensa forse di essere ancora ai tempi di Eliogabalo? Sa che lei è un bel tipo".
E invece ogni volta il miracolo si avverava. Una ragazza magnifica - non sempre purtroppo ma dalla signora Ermelina di racchie era difficile trovarne - una stupenda creatura, una di quelle che fanno voltare tutti per la strada, si spogliava dinanzi a lui dieci minuti dopo la presentazione e lui poteva baciarla e stringerla a goderne ogni risorsa carnale. Tutto per misere ventimila lire.
In questi momenti lui cercava di indovinare che cosa lei stesse pensando. Schifo? Rassegnazione? Il senso della degradazione? Niente di tutto questo, a giudicare dal loro contegno. Le ragazze agivano come se fosse la cosa più semplice e naturale di questo mondo. Magari col non abbastanza dissimulato desiderio di far presto. Ma senza mai il più vago sintomo di sacrificio o avversione.
Ed erano tante, queste ragazze, e di così varia origine, educazione e livello sociale che era legittimo pensare la prostituzione fosse un atteggiamento normale di tutte le donne, solo che in certi ambienti, a motivo di una rigorosa disciplina contro natura, questa istintiva propensione fosse coartata e spenta: pronta tuttavia a ridestarsi se i casi della vita avessero offerto l'occasione.
La ragazza, la ballerina della Scala, aspettava già in salotto.



Dino Buzzati | Un amore, 1963 | Capitolo I
Dino Buzzati | Un amore, 1963 | Capitolo III