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Sibilla Aleramo | Lettera d'amore a Lina Poletti, 1909

Sibilla Aleramo, pseudonimo di Marta Felicina Faccio detta "Rina" (Alessandria, 14 agosto 1876 - Roma, 13 gennaio 1960), è stata una scrittrice, poetessa e giornalista Italiana.
È ricordata per il suo romanzo autobiografico "Una donna" (1901-1904) in cui dipinse la condizione femminile in Italia a cavallo fra il XIX ed il XX secolo. Si tratta infatti di uno dei primi libri femministi apparsi in Italia.

Tamara de Lempicka | Les jeunes filles, 1930

Cordula (Lina) Poletti (Ravenna, 27 agosto 1885 - Sanremo, 12 dicembre 1971), è stata una scrittrice Italiana, femminista, una delle prime donne in Italia a dichiarare apertamente la propria omosessualità.
Studiò con Giovanni Pascoli all'Università di Bologna e completò la sua formazione nel 1907 con una tesi che analizzava la poesia di Giosuè Carducci.
Tra le sue opere letterarie più belle resta "Strazio nella Divina Commedia".

Cordula (Lina) Poletti (1885-1971)

Il 23 aprile del 1908, la Poletti partecipò al primo Congresso Nazionale delle Donne Italiane, inaugurato dalla Regina Margherita davanti ad un pubblico di oltre millequattrocento donne, dove presero parte moltissime brillanti esponenti del femminismo italiano ed internazionale.
La conferenza segnò un cambiamento sia nel movimento delle donne in Italia che nell'impegno per il suffragio femminile ed il pieno riconoscimento dei diritti legali e civili delle donne.

Lì conobbe la nota scrittrice Sibilla Aleramo, che condivideva il suo impegno per il cambiamento sociale che eliminerebbe la posizione subordinata delle donne nella società italiana.
Le due donne erano giovani: Lina, studentessa, aveva solo ventitré anni e Sibilla trenta, già celebre per aver pubblicato, due anni prima, l’autobiografia “Una donna”, che venne definita "La bibbia del femminismo".

Sibilla Aleramo (1876-1960)

Aleramo e la Poletti furono presto coinvolte in una relazione appassionata, nonostante la Aleramo vivesse con Giovanni Cena, noto poeta torinese dal 1902.
Si incontravano clandestinamente e si scambiavano una fitta corrispondenza, che può essere letta integralmente nel libro "Sibilla Aleramo, Lettere d’amore a Lina", a cura di Alessandra Cenni, Savelli editore.
Il loro fu un rapporto basato, oltre che sull’attrazione fisica, sul comune amore per l’arte e la cultura e sull’impegno politico: la lotta per i diritti delle donne ovviamente, ma anche l’attività filantropica; la creazione di scuole per i contadini nell’Agro Pontino, in mezzo alle paludi malariche, ed i soccorsi alla popolazione siciliana e calabrese colpita dal terremoto del dicembre 1908.

Nelle sue lettere, la Aleramo scriveva a Poletti che non si è mai sentita in colpa per aver amato entrambi allo stesso tempo, ma sia Poletti che Cena ebbero difficoltà ad accettare che lei potesse amare ciascuno di loro.
Poletti non riuscì a persuadere la Aleramo a scegliere tra loro e sia Cena che la Poletti posero fine alla loro relazione con lei alla fine del 1910.

Sibilla Aleramo | Lettera d'amore a Lina Poletti, 9 maggio 1909

Sol una notte, e mai non fosse l'alba
E non ci vedesser'altri che le stelle

Ecco, voglio mostrarti la mia anima sola dinanzi alla tua, con intorno il silenzio, e come se il domani non dovesse venire. Lina, rammenti ciò che ti scrissi la prima volta, dopo quella prima ora di passione al Gianicolo?
Rammenti che t'invidiavo per l'ineffabile mistero che tu avevi accolto con tanta bravura T'invidiavo e già ero investita dallo stesso sacro vento.
Lina, Lina, io non so ancora bene che cosa fosse in te, allora, ma so che per me la rivelazione del mio nuovo sentimento fu tremenda, qualcosa di vertiginoso, ah sì, che mi tenne a a lungo priva di respiro…
Lina, io non avevo mai in vita mia pensato alla possibilità di amare una donna, mai, intendi? Non credevo se non all'amore della coppia umana, all'integrazione dei due rami umani…

Lina Poletti e Sibilla Aleramo

Leggendo una volta d'una triste passione di Michelangelo per un giovane uomo avevo rabbrividito come dinanzi all'incomprensibile follia.
Ma nessun desiderio mai m'era venuto di scrutare il buio orrore.
E nessun'anima di donna m'aveva attratta col suo segreto, come nessuna forma femminile avevo mai vagheggiata.
Puoi immaginare, dunque, tu che un destino strano ha spinto invece fin da giovinetta verso questo mistero, puoi immaginare tu come io sia stata sconvolta quando mi scopersi innamorata di te?

Innamorata, sì, non v'era altra parola.
Del tuo fuoco, della tua voce, della tua grazia, e poi dell'ombra tua, Lina, di tutto ciò che di te mi si andava disegnando a contorni vaghi e fuggenti nella malia della tua parola, e poi ancora innamorata della tua entità spirituale che mi si affermava nel fisso splendore del tuo sguardo… In che modo avrei potuto negare e illudermi?

Lina, è stata un'immensa sciagura. Ma, confortati, è stata anche un'immensa gioia. Forse più grande questa di quella. Non so, e non importa.
Quel che importa è che t'ho amata e che ti amo.
Oh la tua anima!

Perché era di donna, perché era di sorella l'ho sentita così vibrare accanto alla mia come nessun'altra prima?
Con quale ebbrezza ho accolto il suo sospiro?
E come s'è dilatata la mia al soffio di lei ampio e possente!
E la tua giovinezza, dinanzi a cui mi trovavo volta a volta madre e infante!
Perché ti parlo al passato? Tutto questo è attualmente.

Lina Poletti e Sibilla Aleramo

Lina, Lina, creatura che vorrei chiamar mia, e non sei, sappi che sono felice d'amarti, d'esser vissuta tanto da incontrarti, e che per nulla al mondo oblierò mai questa felicità.
Ti ho baciata: è stata una consacrazione, la prima volta, ricordi? Poi l'imperiosa volontà del nostro essere. Vana brama di sondare l'infinito della passione. Agonia, agonia. E tutta la tua vita m'è diventata necessaria.
Ed ecco la sciagura. L'hai detto tu stessa oggi: il nulla ci attende. Oh, non il nulla eterno, quello a cui è passata quell'ignota fanciulla della quale abbiamo salutata la bara a Palestrina, pur oggi: ma il nulla quotidiano, il nulla per il resto della vita che dovremo ancora vivere, dopo, fra qualche mese…

Tu per la tua strada nuova, che sarà bella e grande: io per la mia antica, tanto più mesta di prima. E non posso concepire questo nulla, vedi!
L'amore era sempre stato nella mia anima sinonimo di vita.

Se scriverò ancora qualcosa sarà per fissare il ricordo dell'amore che m'illuminò quando conobbi il mio compagno: vita, sì, vita feconda e perenne, oltre ogni strazio, vita a due, per sempre.
E questo non è l'amore nostro, Lina, In fondo al nostro c'è la condanna atroce della sua sterilità. E ti amo […] per quello che sei in te stessa, e per quello che non potrai essere per me […].

E non posso rìnunziare a prendere dalla tua vita quel che tuttavia m'è concesso, questo languire di primavera, un palpito della tua giovinezza, il sogno d'estate nella tua terra, una sofferenza e un gaudio confinanti entrambi col desiderio dì morte.
Non posso e non voglio.

Sibilla